Secondo uno studio dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel 2018 in Italia solo l’8% delle pubbliche amministrazioni aveva avviato iniziative strutturate di lavoro agile, contro il 56% delle grandi aziende private. A seguito della proposta di legge, depositata in Senato a metà luglio 2019, sui risvolti positivi per la spesa pubblica derivanti dall’impiego di lavoro agile e grazie al progetto “Lavoro agile per il futuro della P.A. – Pratiche innovative per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”, i dati, a luglio 2019, parlavano di un 28% di amministrazioni in fase di sviluppo dei progetti di lavoro agile; un 31% con sperimentazioni in corso; un 41% in fase di avvio delle sperimentazioni.
Ma è stato solo con l’avvento della pandemia da CoVid-19 che il lavoro agile è esploso nelle pubbliche amministrazioni. Al 21 Aprile 2020, in base ai dati forniti dal Governo, il 73,8% delle amministrazioni ha attivato procedure di smart working.
Come è stata pianificata l’introduzione del lavoro agile nella PA?
L’articolo 76 del decreto Cura Italia prevede che “Al fine di dare concreta attuazione alle misure adottate per il contrasto ed il contenimento del diffondersi del virus CoVid-19 con particolare riferimento alla introduzione di soluzioni di innovazione tecnologica e di digitalizzazione della pubblica amministrazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, o il ministro delegato , fino al 31 dicembre 2020 si avvale di un contingente di esperti , in possesso di specifica ed elevata competenza nello studio, supporto, sviluppo e gestione di processi di trasformazione tecnologica, nominati ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono individuati il contingente di tali esperti, la sua composizione ed i relativi compensi.”
Dunque lo Smart Working che, secondo la definizione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali “è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”, è un vero e proprio cambiamento culturale ed organizzativo che comporta nella maggior parte dei casi, la riprogettazione degli spazi e delle modalità di lavoro.
L’introduzione dello Smart Working nelle PA avviene in quattro diverse fasi:
Fase 1
Analisi del contesto e costituzione di un gruppo di lavoro interno per la mappatura delle attività e dei processi, inizialmente limitati alle strutture presso le quali si intende avviare la sperimentazione.
Fase 2
Determinazione degli obiettivi e delle caratteristiche del progetto generale di lavoro agile mediante un Piano o atto interno con l’eventuale identificazione delle attività che non possono essere svolte secondo le nuove modalità di lavoro agile. Quindi, si procede all’esame degli spazi e della dotazione tecnologica. La lavoratrice o il lavoratore potrebbero adoperare dispositivi tecnologici propri oppure forniti dall’amministrazione. Il lavoro agile, permettendo al dipendente di lavorare al di fuori dell’ufficio, di riflesso favorisce la diffusione del cosiddetto “desk sharing”, cioè l’opportunità di condividere una postazione di lavoro.
Fase 3
Avvio della sperimentazione. Si avvia un progetto pilota che coinvolga un’unità organizzativa che per caratteristiche si presta maggiormente alla prima fase di sperimentazione, individuando il personale da adibire a progetti di lavoro agile.
Fase 4
Monitoraggio e valutazione dei risultati. L’Amministrazione appronta un sistema di monitoraggio basato su specifici indicatori, che per una valutazione complessiva dei risultati conseguiti in termini di obiettivi raggiunti nel periodo considerato e la misurazione della produttività delle attività svolte dai dipendenti, anche sulla base delle notizie fornite ai dirigenti responsabili dei progetti individuali di lavoro agile, anche allo scopo di continuare la sperimentazione.
Come cambierà nei prossimi anni la relazione tra Smart Working e PA? Scoprilo in questo articolo!
Quali sono gli strumenti senza i quali la PA non può dirsi veramente digitalizzata e pronta ad affrontare lo Smart Working?
Premesso che le quattro fasi sono tutte rilevanti per la buona riuscita dell’attuazione dello Smart Working, è necessario porre particolare attenzione, in fase preliminare, soprattutto alla fase 2 in cui è prevista sia la scelta delle attività, sia la scelta dei dispositivi e dei servizi che gli smart workers andranno ad utilizzare. A prescindere dalle attività coinvolte nel processo di “remotizzazione”, vi sono alcuni strumenti e servizi assolutamente necessari per avviare lo Smart Working.
- Primo elemento fondamentale è una buona connessione ad Internet. La PA può fornire una sim dati con cui il lavoratore può effettuare la connessione alla rete interna attraverso un tunneling VPN che garantisca sicurezza, protezione ed affidabilità. Dunque, è necessario disporre di un router che supporti questa funzionalità e fare in modo che il firmware sia sempre aggiornato per garantire la sicurezza informatica contro le sempre nuove minacce nascenti.
- Anche l’archiviazione digitale dei documenti è una funzionalità trasversale ad ogni tipo di attività della pubblica amministrazione. Per questa funzionalità si possono utilizzare servizi di storage in cloud che, solitamente, prevedono la mappatura sul PC locale come se fossero dischi locali. L’utente può quindi aprire e salvare documenti sui dischi di rete in maniera completamente trasparente. Grazie alla digitalizzazione dei documenti, saranno attivate funzionalità avanzate di ricerca e classificazione e, non meno importante, la possibilità di tenere traccia dello storico delle revisioni in modo da poter facilmente risalire alle versioni precedenti di uno stesso documento tenendo traccia degli utenti che vi hanno apportato le modifiche successive.
- Per quanto riguarda gli strumenti di lavoro, un laptop dotato di docking station a cui connettere una normale tastiera/mouse e un video di dimensioni standard è la soluzione ottimale per garantire l’ergonomicità della postazione di lavoro senza rinunciare alla praticità tipica dei laptop.
- Lavorare in Smart Working adottando soluzioni di archiviazione digitale dei documenti consente di ridurre notevolmente la carta stampata, tuttavia in alcuni casi la versione cartacea di un documento è un requisito fondamentale. Per questo è necessario disporre di dispositivi di stampa a cui l’utente remoto può connettersi per stampare i documenti. In questo caso è bene affidarsi ad un servizio di stampa gestito in modo da non impiegare risorse interne in questo task e avere dispositivi sempre efficienti, aggiornati ma soprattutto dimensionati per le reali necessità dell’ufficio.
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Alla luce delle considerazioni precedenti è evidente come la scelta degli strumenti e dei servizi nella fase di remotizzazione delle postazioni di lavoro sia una fase molto delicata a cui dedicare molta attenzione. Capita spesso, poi, che non vi siano risorse interne che abbiano competenze tali da poter prendere decisioni in merito e questo può tradursi in lunghi tempi di progettazione ed errori nel dimensionamento le scelte dei vari componenti.
La migliore soluzione è quella di rivolgersi ad un partner esterno che abbia a disposizione tutte le soluzioni necessarie all’implementazione dello Smart Working.
TT Tecnosistemi è essere il partner ideale grazie alla molteplicità delle soluzioni offerte e alle varie partnership con i più importanti marchi di prodotti e servizi dedicati allo Smart Working. La PA avrà così un unico interlocutore con il quale progetterà il dimensionamento delle postazioni di lavoro e dei servizi necessari dimensionati in base alle reali esigenze individuate nella fase 1.
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